di Michelangelo Nasca
Il rito di beatificazione di Padre Pino Puglisi – sacerdote palermitano martire, ucciso dalla mafia in odio alla fede il 15 settembre 1993 – passerà sicuramente alla storia come uno tra i più attenzionati e attesi dall’opinione pubblica. I numeri, del resto, parlano chiaro: oltre 80.000 partecipanti, fra i quali 50 vescovi, 750 sacerdoti e 50 diaconi provenienti da ogni parte d’Italia, 200 tra personalità del mondo istituzionale, civile e militare. Per offrire un buon servizio di accoglienza – alla folla di fedeli che sin dalle primissime ore del mattino si è riversata negli ampi spazi del Foro Italico della Città – l’Arcidiocesi di Palermo ha chiesto la collaborazione a 1.200 volontari tra scout (400), addetti della protezione civile (120), Ministri straordinari della Comunione (300) e altrettanti accompagnatori, addetti alle sagrestie e delle autorità (100), operatori medici distribuiti tra la folla, pronti a fornire assistenza nelle 4 aree di emergenza durante il rito della beatificazione. A sottolineare la solennità dell’evento la diretta televisiva della celebrazione trasmessa sulla rete Rai principale, oltre ai collegamenti televisivi e radiofonici locali della Sicilia e della Calabria e i numerosissimi giornalisti che con la loro presenza rappresentano l’Italia e l’estero.
Diversamente da come è avvenuto in occasione della visita a Palermo di Papa Benedetto XVI, nell’ottobre del 2010, il palco è stato disposto con le spalle rivolte al mare per consentire una migliore visibilità a tutti i fedeli. Il prato è diviso in settori della capienza di 4.000 persone ciascuno. Presiede la celebrazione l’Arcivescovo della diocesi palermitana, il card. Paolo Romeo, mentre a rappresentare il Sommo Pontefice è stato designato il card. Salvatore De Giorgi, Arcivescovo emerito di Palermo, che il 15 settembre 1999 diede avvio al processo di beatificazione del Sacerdote di Brancaccio. Il decreto di Beatificazione di padre Puglisi, per martirio “in odio alla fede”, è stato promulgato da Papa Benedetto XVI il 28 giugno 2012.
“La beatificazione come martire della fede di don Pino Puglisi – dichiara il card. De Giorgi ai microfoni dell’agenzia Sir – rappresenta, anzitutto, il dono di Dio più atteso da tutta la Sicilia e non solo, poi anche uno splendido e stimolante messaggio di fede per tutti nell’Anno della Fede. Il riconoscimento ufficiale del suo martirio da parte della Chiesa, è anche il sigillo della perenne autorità del suo messaggio, che con la voce del sangue invita tutti al coraggio, alla coerenza, alla fortezza, alla santa audacia nell’esercizio del ministero sacerdotale come di un servizio nella Chiesa per il trionfo delle forze del bene su tutte le aggressioni e le perversioni del male, soprattutto se, come quello mafioso, agisce con una perversa struttura di peccato anti-umana ed anti-evangelica, tanto più subdola e pericolosa, quanto più si ammanta e si circonda di segni e di riferimenti religiosi”.
In don Pino Puglisi diventa cristianamente eroico e straordinario il suo “ordinario” ministero presbiterale vissuto come servizio a Dio e all’uomo, senza troppi clamori e con quella serena consapevolezza di essere un semplice strumento nelle mani di Dio e nient’altro.
La sua azione educativa intendeva contribuire al cambiamento della mentalità e della visione della vita, con l’unico e preciso scopo di favorire la maturazione della fede del popolo che gli era stato affidato. Insomma, Pino Puglisi stimava troppo la vocazione sacerdotale per tirarsi indietro di fronte alle minacce di chi vedeva il lui un prete pericoloso, perché capace di seminare nel cuore di tutti germogli di speranza. “La sua azione pastorale – hanno scritto recentemente i vescovi siciliani – nella logica dell’incarnazione si è svolta nella ferialità di una vita «normale», senza compromessi, senza protagonismi, senza vetrine mediatiche, testimoniando nella quotidianità della vita la fedeltà al suo ministero sacerdotale e l’amore alle persone a lui affidate”.
Per il segretario generale della Cei, mons. Mariano Crociata, “Don Puglisi non è stato un prete antimafia, è stato un prete fino in fondo, ed è stato ucciso non perché conducesse una battaglia esplicita contro la mafia, ma perché era un prete che si dedicava a un’opera pastorale ed educativa”. In questo modo, don Pino – prosegue Crociata – “ha tagliato le radici a quella visione della realtà così distorta a essere distruttiva della persona e della società, come purtroppo continuiamo a sperimentare ancora oggi”. Nella descrizione offerta da Suor Carolina Iavazzo – collaboratrice di don Pino Puglisi nel quartiere Brancaccio di Palermo – è facile rintracciare una sorta di identikit del sacerdote proposto nelle ultime omelie da Papa Francesco: “un sacerdote – afferma sr. Carolina – al servizio del Vangelo e quindi del bene”, perché “il Vangelo è lo spartiacque tra il bene e il male”. “Una persona positiva, sempre ottimista, con una fiducia illimitata nella Provvidenza, anche di fronte alle difficoltà (…). Un’energia bella, spirituale, umana, morale. Credeva in quello che faceva. È stato una bella figura di sacerdote: povero, disinteressato ai soldi, con un cuore grande per amare gli ultimi”.
Tra le Autorità presenti alla celebrazione (ne citiamo solo alcune): Piero Grasso, presidente del Senato, Angelino Alfano, vice premier e Ministro dell’Interno, Annamaria Cancellieri, Ministro della Giustizia, Sergio Mattarella, Giudice Costituzionale, Alessandro Marangoni, Capo della Polizia f.f., Rosario Crocetta Presidente della Regione Siciliana, Leoluca Orlando, Sindaco di Palermo, il Sindaco di Godrano.
All’inizio della celebrazione eucaristica, dopo il saluto del Cardinale presidente, l’Arcivescovo emerito di Palermo, Salvatore De Giorgi, legge la lettera apostolica che proclama canonicamente il martirio di Don Giuseppe Puglisi e tra gli applausi dei fedeli, al canto del “Te Deum”, viene scoperta la gigantografia del nuovo Beato. La gioia è davvero grande, basta guardare gli sguardi commossi dei presenti, dei vescovi e dei sacerdoti che in questi vent’anni (dalla morte di Puglisi) hanno custodito nel cuore la memoria di un modello di sacerdozio conforme a Cristo e al suo Vangelo. Viene introdotta in processione e poi incensata e venerata la reliquia del martire palermitano, un pezzo di costola che è stata prelevata al momento dell’estumulazione della salma. Il reliquiario, una pregiata opera artistica creata dagli orafi palermitani, riprende le guglie della cattedrale di Palermo e il campanile. La memoria liturgica del nuovo beato è stata fissata – così recita la Lettera Apostolica – per il 21 ottobre, nella ricorrenza del Battesimo di Padre Puglisi. Non era possibile, infatti, scegliere la data del 15 settembre – giorno del martirio e compleanno del sacerdote palermitano – poiché la Chiesa celebra, in quella circostanza, la memoria della Vergine Addolorata.
Nel corso dell’omelia mons. Paolo Romeo afferma: “Più guardiamo il volto di Padre Puglisi più sentiamo che il suo sorriso ci unisce tutti. Sorride ancora don Pino e ci trasmette la comunione con Dio e con tutti i santi. La Chiesa riconosce nella sua vita un modello da imitare. Per portare frutti il chicco di grano, come ricorda il Vangelo, deve morire. Puglisi insegnava ai giovani come rendere feconde le scelte della vita. Questo comporta impegno e sacrificio per raggiungere la vera gioia. Nella sua vita il beato Puglisi fu come un «chicco» di grano, spendendosi quotidianamente per la vita dei fratelli. Egli si donò senza riserve. Per Cristo a tempo pieno come egli amava dire. Don Pino parla in modo particolare anche a noi sacerdoti. La mano mafiosa che lo ha barbaramente ucciso ha liberato la vita vera di questo chicco di grano che nella sua opera di evangelizzazione moriva ogni giorno per portare frutto”. “Il beato Puglisi – prosegue l’Arcivescovo di Palermo – incontrò a Brancaccio tanti bambini esposti ad una paternità mafiosa falsa e meschina, che in odio alla fede non esitò ad uccidere un sacerdote. La verità è che i mafiosi muovono meccanismi di sopraffazione e ingiustizia che nulla hanno a che fare con il Vangelo della vita”.
Mons. Romeo – più volte interrotto dagli applausi – ricorda anche i giudici Livatino, Falcone e Borsellino. “Come dimenticare – afferma il Prelato – il sacrificio di tante persone di buona volontà che si sono impegnate a dare dignità alla nostra isola?”. Poi un’esortazione finale rivolta a tutti: “La nostra fede è la vittoria che ha vinto il mondo. Il Vangelo di don Pino non era diverso dal nostro, così come la sua fede non era diversa dalla nostra. Bisogna vincere ogni sorta di male nel mondo. La nostra fede vincerà il mondo”.
Durante l’offertorio, due fratelli di padre Puglisi, Gaetano e Francesco, insieme ad altre persone che sono state vicine al Beato, portano i doni all’altare. Al termine della celebrazione i 250 cantori e un’assemblea di 750 elementi che hanno animato la liturgia eucaristica – guidati dal Maestro Mauro Visconti – eseguono un inno in onore di Puglisi composto da mons. Giuseppe Liberto, direttore emerito della Cappella Pontificia Sistina, su un testo preparato da mons. Crispino Valenziano. L’assemblea, infine, si scioglie e le vie principali della storica Città di Palermo, per un giorno sono attraversate da una folla festosa di cristiani che possono ancora una volta gridare con fierezza la vittoria della Croce su ogni sorta di male spirituale e sociale.